L’ADHD (dall’inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder), sigla del deficit di attenzione e iperattività, è un disturbo neuropsichiatrico caratterizzato da inattenzione, impulsività ed iperattività ed è uno dei più comuni disturbi del comportamento, affliggendo circa il 6-7% dei bambini e dei giovani al di sotto dei 18 anni. Una causa specifica dell’ADHD non è ancora nota, ma ricerche hanno dimostrato che il disturbo è causato da una combinazione di fattori genetici e condizioni sociali e fisiche del soggetto. Ricerche svolte utilizzando tecniche di neuroimmagine per misurare l’attività cerebrale di persone affette da ADHD, hanno dimostrato che l’ADHD è associato a disfunzioni cerebrali prevalentemente del lobo frontale e prefrontale. Questo suggerisce che la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività possono riflettere una disfunzione del lobo frontale con ulteriori regioni, come il cervelletto, che possono essere implicate. L’ADHD è spesso associato ad altri disturbi psichiatrici, come ansia, depressione e disturbi antisociali del comportamento, che ne aggravano la sintomatologia e rendono complicato il trattamento di questo disturbo. La diagnosi di ADHD avviene nella maggior parte dei casi in età scolare ed è eseguita solitamente da uno psichiatra infantile.
In precedenza si pensava che l’ADHD fosse presente solo nell’infanzia e nell’adolescenza, ma è stato in realtà dimostrato che questo disturbo persiste anche in età adulta nella maggior parte dei casi. Mentre nell’infanzia e adolescenza i sintomi prevalenti sono quelli dell’iperattività e agitazione, in età adulta sono prevalenti i disturbi di attenzione, meno eclatanti dei primi ma altrettanto invalidanti negli adulti per le difficoltà causate nella sfera dello studio, del lavoro e delle relazioni sociali. Ricerche hanno infatti dimostrato che persone adulte affette dall’ADHD sono più a rischio di abuso di alcol e sostanze stupefacenti. Inoltre, adulti con l’ADHD raggiungono in media livelli di istruzione più bassi rispetto a persone senza ADHD, vengono licenziati o perdono il posto di lavoro più di frequente, hanno in media percentuali più alte di divorzi e hanno più problemi con la giustizia (come ad esempio un maggior numero di incidenti stradali, risse). Il trattamento dell’ADHD combina la terapia comportamentale con l’utilizzo di psicofarmaci. Purtroppo però questi trattamenti hanno un’efficacia limitata. Le terapie comportamentali seppur efficaci hanno effetti a breve termine, che tendono a svanire una volta interrotta la terapia. Gli psicofarmaci sono efficaci nella cura dei sintomi di ADHD ma, come per le terapie comportamentali, hanno effetti limitati nel tempo ed inoltre sono spesso associati ad effetti collaterali talvolta gravi, come depressione, ansia e insonnia. Inoltre l’efficacia degli psicofarmaci è ridotta nelle persone adulte rispetto ai bambini. Questo scenario suggerisce le necessità di approfondire la conoscenza sull’ADHD e le sulle sue cause allo scopo di sviluppare nuovi e più efficaci trattamenti. Le neuroscienze umane possono aiutarci in questo percorso. Nella prossima rubrica si parlerà di nuovi possibili trattamenti per l’ADHD frutto di recenti ricerche neuroscientifiche.
Dott.ssa Simona Salomone