Recenti studi di recerca suggeriscono che metodi come il biofeedback e il neurofeedback possono essere efficaci per il trattamento dei sintomi dell’ADHD. Tramite il metodo del biofeedback una certa funzione corporea, come per esempio la conduttanza cutanea (o sudorazione) o i battiti cardiaci, viene monitorata per mezzo di elettrodi applicati sulla cute del paziente. I segnali captati provenienti dal corpo vengono amplificati ed usati per gestire segnali acustici o visivi. Il soggetto in questo modo imparerà ad adottare strategie di autocontrollo e a controllare volontariamente la funzione monitorata. Recenti ricerche hanno dimostrato che tramite un training di biofeedback è possibile insegnare a persone con ADHD a controllare i propri livelli di attenzione e aumentare la propria concentrazione quando la situazione lo richiede. Un altro metodo che è stato solo di recente testato in persone con ADHD è il cosiddetto neurofeedback. Il neurofeedback è un tipo particoloare di biofeedback che permette la visualizzazione in tempo reale, sul monitor di un computer, della propria attività elettroencefalografica, il cervello è educato a produrre onde cerebrali in specifiche ampiezze e in specifiche posizioni: fornendo al cervello un feedback immediato riguardo al proprio funzionamento, egli diventa capace di rieducare se stesso, fino a raggiungere il pattern di attività desiderato. Lo scopo del training di neurofeedback è quello di insegnare all’individuo come sentire specifici stati di attivazione corticale e in che modo raggiungere tali stati volontariamente: in seguito al training di neurofeedback, infatti, l’individuo diventa consapevole dei differenti stati EEG e diviene capace di produrli quando richiesto. Ricerche recenti hanno dimostrato che il neurofeedback può essere utile per il trattamento dei sintomi di iperattività e disattenzione dell’ADHD e, inoltre, che questi effetti positivi durano nel tempo. Due sono i vantaggi principali dell’utilizzo di tecniche quali il biofeedback e il neurofeedback: il primo è che questi metodi possono essere utilizzati in quei pazienti che non traggono beneficio dal trattamento farmacologico o in coloro che non tollerano il trattamento farmacologico a causa degli effetti collaterali associati. Il secondo vantaggio è rappresentato dal fatto che queste tecniche non sono invasive (non vengono introdotte sostanze, né somministrate correnti elettriche) e perciò non presentano alcun effetto collaterale.
Dott.ssa Simona Salomone
Articoli scientifici correlati:
Arns, M., Heinrich, H., & Strehl, U. (2014). Evaluation of neurofeedback in ADHD: the long and winding road. Biological Psychology, 95, 108-115
O’Connell, R.G., Bellgrove, M.A., Dockree, P.M., Lau, A., Fitzgerald, M., and Robertson, I.H. (2008). Self-Alert Training: Volitional modulation of autonomic arousal improves sustained attention. Neuropsychologia, 46(5), 1379-1390
Salomone, S., Fleming, G.R., Shanahan, J.M., Castorina, M., Bramham, J., O’Connell, R.G., Robertson, I.H. (2014). The effects of a Self-Alert Training (SAT) program in adults with ADHD. Frontiers in Human Neuroscience (Under Review)