Fibrosi cistica: scoperta una nuova terapia

Da un importante studio clinico pilota condotto in Italia arriva una nuova strategia terapeutica contro la forma più comune di fibrosi cistica, causata dalla mutazione delta-F508. Lo studio, appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Autophagy, è il risultato di una collaborazione internazionale che vede l’Italia ricoprire un ruolo di primo piano grazie alla Fondazione IERFC, che lo ha guidato, e all’Università Federico II di Napoli che ha realizzato il trial clinico. I responsabili della ricerca, i ricercatori Luigi Maiuri (Fondazione IERFC Milano), Valeria Raia (Università Federico II di Napoli), Guido Kroemer (Università Paris Descartes) e Anil Mehta (Università Dundee, UK), hanno scoperto come la combinazione di un farmaco e di un integratore alimentare, già in uso per altre indicazioni, sia in grado di ripristinare la funzione di una proteina chiave nella patogenesi della fibrosi cistica, riducendo l’infiammazione polmonare dei pazienti. Nonostante si tratti di una sperimentazione su pochi pazienti e si debba, quindi, attendere la fase successiva che coinvolge un numero maggiore di soggetti prima di estendere il trattamento a tutti i malati con la mutazione delta-F508, la scoperta costituisce una innovazione concettuale importante nell’ambito della terapia della fibrosi cistica. Si è dimostrato infatti, per la prima volta, che è possibile correggere il difetto di base con strategie diverse da quelle attualmente percorse, infrangendo una barriera ritenuta finora difficilmente valicabile. La fibrosi cistica è una malattia genetica ereditaria, causata da mutazioni di un particolare gene chiamato CFTR. Si manifesta con un caso ogni 2500-3500 nati vivi, mentre una persona ogni 25-30 è portatrice di una copia del gene mutato. L’aspettativa di vita è molto aumentata negli ultimi decenni ma la media si attesta comunque sotto i 40 anni. È quindi evidente quanto sia importante concentrare gli sforzi della ricerca su questa malattia che porta i pazienti a soffrire di infezioni polmonari croniche e deficit a livello del pancreas esocrino. Nello specifico, ai pazienti è stato somministrato un farmaco, la cisteamina, già utilizzato per la cura di un’altra malattia rara, in combinazione con un integratore, l’epigallocatechin gallato (EGCG), che altro non è che un costituente del tè verde già in commercio come antiossidante naturale. I ricercatori hanno dimostrato che la combinazione delle due sostanze migliora significativamente la funzione della proteina mutata delta-F508 e riduce in 9 pazienti su 10, omozigoti per questa mutazione, le elevate concentrazioni di cloro nel sudore, che costituiscono la principale caratteristica dei pazienti per la diagnosi di fibrosi cistica. Inoltre, il trattamento si è rivelato efficace nel ridurre l’infiammazione polmonare che è alla base del progressivo deterioramento della funzione respiratoria che mette a rischio la vita di questi pazienti. Questo studio dimostra quanto la ricerca italiana sia all’avanguardia e quanto sia importante finanziare ricerche di questo tipo e concentrare parte delle risorse di un Paese in questo campo. Solo con la ricerca è possibile evolvere e progredire, senza di essa si rischia di avere un Paese, seppur dalle mille possibilità di crescita, che imploderà anziché proiettarsi verso un futuro migliore.

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