Uno studio pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology e condotto da Elina Hyppönen della University of South Australia, ha dimostrato come la pressione alta possa essere riconducibile a una carenza di vitamina D. La scoperta non è del tutto nuova, infatti proprio un anno fa, durante la Conferenza annuale della European Society of Human Genetics, il dott. Vimal Karani S. e alcuni ricercatori dell’Institute of Child Health dell’University College di Londra, attraverso uno studio genetico su larga scala, avevano già dimostrato che vi era una relazione di causa/effetto tra le concentrazioni di vitamina D nel sangue e i valori della pressione arteriosa: alti livelli di vitamina D, comportavano una pressione bassa o nella norma;, al contrario bassi o scarsi livelli di questa vitamina, comportavano un rischio di pressione alta o un rischio di ipertensione. Questo nuovo studio non è altro che una continuazione, i partecipanti, circa 146.500 individui, sono stati divisi in base al tipo di gene per la proteina che regola le concentrazioni sanguigne di vitamina D, ed è emerso come per ogni aumento del 10% di vitamina D nel sangue si riduce la pressione sanguigna e si riduce dell’8 % il rischio di diventare ipertesi. Insomma pare che la svolta per la cura dell’ipertensione possa essere arrivata, infatti sarebbe sufficiente modificare le diete dei pazienti ipertesi con integratori o alimenti che contegono vitamina D per controllare la pressione arteriosa, senza più magari ricorrere a farmaci costosi. La ricerca è continua, la speranza pure.