Come in tutti i campi della chirurgia, anche per la rinoplastica sono stati sviluppati e commercializzati materiali sintetici o di derivazione animale da utilizzarsi come “pezzi di ricambio”. Pezzi di ricambio che permettono di aggiustare, riempire, irrobustire l’impalcatura di sostegno del naso. La storia dei biomateriali – è questo il termine corretto per i pezzi di ricambio artificiali – è sempre la stessa: grande entusiasmo iniziale (“Ottimo materiale! Riduce la durata dell’intervento chirurgico! Grande facilità d’utilizzo per il chirurgo! Vantaggi per il paziente!” E mi fermo qui perché ho esaurito i punti esclamativi a disposizione!!!) seguito da un progressivo raffreddamento, quando escono allo scoperto tutte le complicanze. Complicanze come infezioni, spostamento dei pezzi dal punto in cui sono stati inseriti, deformità, inestetismi e dolori – per citarne solo alcune. La storia del silicone liquido medicale, il cui uso è attualmente proibito in Italia, deve indurre a un uso prudente e ragionato dei biomateriali in medicina e, soprattutto, nella chirurgia nasale. La rinoplastica spesso è effettuata in soggetti giovani: non è il caso di inserire sotto la pelle di un ragazzo un pezzo di materiale plastico per il resto della vita. Una buona chirurgia deve essere, a modo suo, ecologica.
Dott. Fabio Meneghini